Il grido di dolore del cavalier Antonius, nella partita a scacchi con la morte, rappresentata in maniera geniale da Ingmar Bergman ne “Il settimo sigillo”, ci raggiunge e ci interpella. È il grido che si leva da ogni situazione drammatica, come quella che stiamo attraversando: «[…] il mio cuore è vuoto. Il vuoto è uno specchio che mi guarda. Vi vedo riflessa la mia immagine e provo disgusto e paura. […] è così crudelmente impensabile percepire Dio con i propri sensi? Io voglio sapere. Non credere. Non supporre. Voglio sapere. Voglio che Dio mi tenda la mano, che mi sveli il suo volto, mi parli»

Articolo del prof. Lorizio, apparso su Avvenire il 23/05/2020.
