
In cosa crede l’uomo postmoderno o neomoderno, che più che incredulo sembra «diversamente credente»? In che senso la fede che salva chiede non solo di essere accolta nella mente, ma anche praticata? Quali stimoli per la «nuova evangelizzazione» possiamo trarre dall’esperienza della pandemia, che ci ha resi «diversamente praticanti»?











