Indulgenza, il nostro impegno a purificare il linguaggio.

Verso il Giubileo, di Giuseppe Lorizio su Roma7, 3 settembre 2023

l linguaggio del Giubileo ha bisogno di essere purificato, interpretato e pensato, onde evitare equivoci madornali e visioni erronee tali da mettere in crisi la credibilità della Chiesa. Fra le parole che più si prestano ad essere equivocate emerge senz’altro il termine “indulgenza”, che  ha dato origine al dramma dello scisma protestante, proprio perché uomini di Chiesa lo hanno utilizzato per fini  non propriamente evangelici. Fra di loro la figura più nota è quella del padre domenicano Johann Tetzel, che nel  1516 iniziò una campagna acquisti di indulgenze, che di  fatto commercializzava la misericordia divina e la grazia.  A lui si attribuisce la filastrocca: «quando cade il soldin nella cassetta/l’anima vola al cielo benedetta», citata in parafrasi da Lutero nella XXVII delle sue 95 tesi: «Predicano  l’uomo coloro che dicono “Appena il soldino ha tintinnato nella cassa, un’anima se ne vola via”».   Avrà gioco facile un filosofo rigorosamente ateo quale JeanPaul Sartre, nella sua pièce teatrale oltremodo suggestiva intitolata Il diavolo e il buon Dio e situata proprio nel contesto  del luteranesimo, dove Tetzel si esprime con queste parole:  «Fratelli miei, Dio vi propone questo affare incredibile: il  Paradiso, per due scudi, chi è l’avaro, chi è il sordido, che  non darà due scudi per la sua vita eterna?».  La Chiesa e ciascuno di noi dovrà lasciarsi provocare da queste critiche e intraprendere la via della purificazione di linguaggio e gesti che possano suscitare l’idea che si stia commercializzando la grazia. Un piccolo, ma non marginale  accorgimento, sarebbe quello di evitare e vigilare perché si  eviti di affiancare all’indulgenza il verbo “lucrare”. Ci chiediamo allora: è davvero possibile liberare la grazia dai lacci del mercimonio? Il canto XIX dell’Inferno dantesco contiene già una radicale critica della simonia e Michelangelo  gli farà da eco col X dei suoi sonetti: «Qua si fa elmi di calici e spadee ’l sangue di Cristo si vend’a giumelle,e croce e  spine son lance e rotelle,e pur da Cristo pazïenzia cade».  Una sana e autentica, in quanto espressione del Vangelo,  dottrina delle indulgenze va impostata proprio a partire da  quella che papa Benedetto XVI, nella sua visita a Erfurt (il  convento dove si formò Martin Lutero) indica come la domanda di fondo che angosciava il monaco agostiniano e coinvolge tutti noi: «“Come posso avere un Dio misericordioso?”. Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi colpisce sempre nuovamente nel cuore. Chi, infatti, oggi si preoccupa ancora di questo, anche  tra i cristiani? Che cosa significa la questione su Dio nella  nostra vita? Nel nostro annuncio?» (23 settembre 2011).   Il volto indulgente di Dio, che la Chiesa ci chiama a percepire anche, ma non solo, nel Giubileo è la risposta a questa domanda di fondo. Di qui la necessità di pensare l’indulgenza che riceviamo, ma non acquistiamo o lucriamo,  nella prospettiva del Dio di Gesù Cristo e della sua assoluta e gratuita misericordia. Purificando i nostri gesti e il  nostro linguaggio potremo vivere anche in maniera ecumenica il prossimo Giubileo, secondo il proposito di papa Francesco: «Lo stile e le decisioni del Concilio di Nicea  devono illuminare l’attuale cammino ecumenico e far maturare nuovi passi concreti verso la meta del pieno ristabilimento dell’unità dei cristiani. Dato che il 1700esimo  anniversario del primo Concilio di Nicea coincide con  l’anno giubilare, auspico che la celebrazione del prossimo  Giubileo abbia una rilevante dimensione ecumenica» (discorso all’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per  l’Unità dei Cristiani, 6 maggio 2022).

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