La costruzione della Chiesa secondo Rosmini. Un’unità di uomini guidati dal Vangelo

Di Roberto Cutaia, su Avvenire 10 Novembre, in riferimento al libro: Antonio Rosmini
Delle cinque piaghe della santa Chiesa, San Paolo. Pagine 520. Euro 35,00, testo ricostruito nella forma ultima voluta dall’Autore con saggio introduttivo e note di Nunzio Galantino, postfazione di Giuseppe Lorizio (Le piaghe di ieri e/o quelle di oggi).

Ritorna nelle librerie italiane, un classico del pensiero cristiano, l’opera più celebre del beato Antonio Rosmini (1797-1855), Delle cinque piaghe della santa Chiesa. Il testo ora ricostruito nella forma ultima voluta dal Roveretano è introdotto da un saggio del vescovo Nunzio Galantino con la postfazione di Giuseppe Lorizio (Le piaghe di ieri e/o quelle di oggi). «Un classico, sì!  Con tutti i vantaggi e gli svantaggi che comporta – spiega Galantino – L’opera di Rosmini è una di quelle spesso citate. Ma, non sempre a proposito. Anzi!». E aggiunge Galantino: «Una sua lettura superficiale difficilmente riesce a farne cogliere lo spirito, che è di amore profondo per la Chiesa. E, proprio perché spinto da questo profondo amore, Rosmini utilizza accorate parole e documentate analisi. Le une e le altre orientate a sanare le “piaghe”, che sfigurano il volto della Madre Chiesa».

Rosmini comincia a scrivere il libro Delle Cinque piaghe, durante una sosta, con l’amico Mellerio in Veneto a Correzzola (Padova) il 18 novembre 1832 – stesso giorno poi della beatificazione, avvenuta a Novara, nel 2007 -, completata nel 1847 a Stresa (Verbania) e stampata senza il nome dell’autore in Svizzera a Lugano nel 1848. Il lettore giungendo al termine della quinta piaga, guidato dallo spirito rosminiano che caratterizza, la disanima di Galantino e Lorizio – agli antipodi della prospettiva poco innovativa del pensiero rosminiano degli ultimi tempi – comprenderà, come il Roveretano abbia veramente amato fuor di ogni misura la Chiesa. Un’opera, quella Delle cinque piaghe, ricca di dottrina della Chiesa, che allo stesso tempo, ripercorre gli ambiti dalla storia della Chiesa a quelli antropologici filosofici ed ecclesiologici. A tal punto da anticipare – e nient’altro – taluni, contenuti ecclesiologici successivamente emersi nel Concilio Vaticano II. Senza necessariamente forzare la tesi di Rosmini precursore del Vaticano II. Sottolinea Galantino: «Non saprei se l’opera di Rosmini possa aspirare a offrire chiavi di interpretazione del Vaticano II. E non penso nemmeno sia tanto importante. Di sicuro però, una attenta lettura Delle Cinque Piaghe offre motivazioni straordinarie a chi, oltre a citare il Vaticano II, avesse voglia di viverne lo spirito e le istanze. Soprattutto quelle che mettono in guardia da una ecclesiologia con poco Vangelo e da una vita di Chiesa sterile, perché paurosamente ripiegata su sé stessa». Dall’opera è facile dedurre il cuore della speculazione rosminiana a proposito della parola Chiesa, come unità, di uomini o più adatto al Roveretano il termine di persone, aderenti e in mezzo a Cristo. In cauda, scrive nella postfazione Lorizio, «inoltre, prima di immergerci nel percorso, sarà necessario sottolineare il fatto che, non solo in questo testo, ma anche altrove e in luoghi eminentemente speculativi, il Roveretano abbia la tendenza ad idealizzare la chiesa delle origini e in particolare l’età patristica, assumendola come esemplare di riferimento per il suo oggi. In tal senso, insieme a John Henry Newman e a Johann Adam Möhler, egli va annoverato fra i rappresentanti del pensiero neo-patristico del secolo XIX».

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