di Andrea Vaccaro su Avvenire Agora 22 Ottobre 2023, in riferimento al libro di ID. e Marco Staffolani, Teleios, o i sette pregiudizi sulla tecnologia, Le Lettere, Firenze 2023.

Se c’è un principio, tra gli assi portanti della Laudato si,’ particolarmente importante per la considerazione della questione tecnica, questo è sicuramente «la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso». Si potrebbe dire addirittura che il mondo è intricato, oltre che connesso, e quando infatti l’Enciclica cerca di dirimerne le dinamiche, si assiste all’emergere di un intreccio che necessita di molta attenzione, sottile e avvincente quasi come un giallo, ove la scena del delitto è sotto gli occhi di tutti ed è il drammatico scempio ambientale. Chi è il vero colpevole di tale devastazione planetaria? Nel terzo capitolo comincia una sorta d’indagine. Il primo responsabile potrebbe apparire proprio la tecnologia nelle sue varie forme: «l’energia nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso Dna e altre potenzialità che abbiamo acquisito e ci offrono un tremendo potere».
Subito dopo, però, al numero 105 dell’Enciclica, viene appurato che non la tecnologia è il vero colpevole, piuttosto l’assenza di «un’etica adeguatamente solida, una cultura e una spiritualità che realmente diano all’essere umano un limite e lo contengano entro un lucido dominio di sé»: non è la pistola la vera causa dell’omicidio, ma chi la usa, chi insegna e poi permette all’assassino di usarla, chi lo mette in condizione di poter sparare.
Al numero 106 l’insieme di queste concause viene definito «paradigma omogeneo e unidimensionale», che distorce non solo la tecnologia, bensì tutti gli ambiti dell’attività umana: è esso che storna la scienza dalla sua originaria dimensione di conoscenza, rispetto e armonia per farle assumere il ruolo di «possesso, dominio e trasformazione»; è esso che costringe l’economia ad agire solo in funzione del profitto a breve scadenza, rinunciando totalmente alla lungimiranza e agli equilibri dell’insieme è esso che reca la stessa logica nella politica. Al numero 107 questo paradigma unidimensionale rientra nel quadro della concezione del mondo chiamata «riduzionismo». Al 108, però, il paradigma omogeneo unidimensionale riduzionista si presenta con un altro nome: «paradigma tecnocratico» e così la tecnica, o meglio il tecnologismo, sembra tornare a essere l’imputato numero uno. Il cerchio tuttavia non è chiuso perché, di nuovo, si constata che la responsabilità va cercata più indietro e precisamente in quell’antropologia moderna che «ha finito per collocare la ragione tecnica al di sopra della realtà» (n. 115). Anche tale antropologia non è però in grado di frenare il regressum e rappresentare la Causa Prima, in quanto anch’essa trova nutrimento nella «crisi etica, culturale e spirituale della modernità» (n. 119). Di nuovo etica, cultura e spiritualità (come già al n. 105), circolarmente, devono sopportare la colpa di non riuscire a guidare il tremendo potere che la tecnologia ha posto nelle mani dell’essere umano. Nell’intricata rete che collega tutto con tutto tratteggiata dalla Laudato si’, uno dei nodi principali è quindi senza dubbio la tecnologia (si potrebbe chiamare uno hub), ma la sua sola “colpa” consiste nell’estendere immensamente il potere e la libertà dell’essere umano; una “colpa” che può anche essere considerata come il suo grande “merito”. La tecnologia ha posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano e limitavano l’essere umano. Non possiamo non apprezzare e ringraziare per i progressi conseguiti, specialmente nella medicina, nell’ingegneria e nelle comunicazioni. E come non riconoscere tutti gli sforzi di molti scienziati e tecnici che hanno elaborato alternative per uno sviluppo sostenibile? E qui di seguito, al numero 103, papa Francesco aggiunge qualcosa di suo che non era mai stato evidenziato dai documenti magisteriali precedenti che parlavano di tecnologia, un tratto che poteva essere colto solo da uno sguardo cristallino: La tecnoscienza, ben orientata, è in grado non solo di produrre cose realmente preziose per migliorare la qualità della vita dell’essere umano, a partire dagli oggetti di uso domestico fino ai grandi mezzi di trasporto, ai ponti, agli edifici, agli spazi pubblici. È anche capace di produrre il bello e di far compiere all’essere umano, immerso nel mondo materiale, il “salto” nell’ambito della bellezza… In tal modo, nel desiderio di bellezza dell’artefice e in chi quella bellezza contempla si compie il salto verso una certa pienezza propriamente umana. Immagine ripresa con variante al numero 131: Se non si può proibire a un artista di esprimere la sua capacità creativa, neppure si possono ostacolare coloro che possiedono doni speciali per lo sviluppo scientifico e tecnologico, le cui capacità sono state donate da Dio per il servizio degli altri. E così la tecnologia, oltre che un dono di Dio, un ingranaggio essenziale del suo Progetto e una via privilegiata per attestare il Logos dell’Universo, si rivela essere anche una fonte per esperienze estatiche di bellezza: una bellezza che emancipa dal piano materiale e proietta, con grazia, nella realtà trascendente.
Il libro / Un nuovo approccio filosofico e teologico
Per poter osservare la tecnologia nella sua purezza, occorre prima liberarla da numerosi pregiudizi. Luoghi comuni del tipo «la tecnologia non è buona né cattiva, dipende dall’uso che se ne fa»: un’etichetta incollabile su ogni vasetto dello scaffale senza contribuire minimamente a indicare cosa contiene. In Il Teleios. O i sette pregiudizi sulla tecnologia (Le lettere, pagine 86, euro 12,00) i due autori, Andrea Vaccaro e Marco Staffolani, lavorando sui collegamenti teologici e qualche provocazione, cercano di trascendere tali lacci. L’idea è quella di aprire un varco nel contemporaneo dibattito sulla tecnologia e offrire nuovi spiragli di analisi e di studio sia dal punto di vista teologico che filosofico
