Porosa come la teologia

Un libro sul pensiero di Giuseppe Lorizio

Si parla spesso di crisi della filosofia o della teologia. Così, per parafrasare il filosofo Teodorico Moretti-Costanzi (1912-1995), in crisi non è né la filosofia, né la teologia, ma è semplicemente l’uomo a essere in crisi, perché non entificatosi secondo “la Verità”, che è Dio. Ma non l’asettico “Dio”, motore immobile o pensiero di pensiero di tipo aristotelico, ma il Dio incarnatus est. Una bella disamina in tal senso viene presentata ora nel libro — miscellanea di studi per il teologo Giuseppe Lorizio a cura di Sergio Gaburro e Antonio Sabetta — Elogio della porosità. Per una teologia con-testuale (Edizioni Studium, Roma, 2024, pagine 383, euro 40).

È vero talvolta che la storia o l’esperienza di un vero indagatore dell’essere umano suscitano profonde riflessioni di un sentire universale. «La vita di pensatore credente di Giuseppe Lorizio — scrive nell’introduzione monsignor Nunzio Galantino — con il suo contributo speculativo alla teologia in questi decenni complessi e di profondi cambiamenti ha incarnato in maniera esemplare la vocazione del teologo fondamentale, chiamato a rendere ragione della speranza cristiana non in astratto ma nella concretezza della storia e dei contesti che ne definiscono il senso e i vissuti». Una prospettiva teologica capace di abbracciare integralmente le esigenze dell’umanità e di ogni singola persona; non a caso il pensatore pugliese ha dedicato numerosi studi alla figura del filosofo e teologo Antonio Rosmini. «Muovendo dal presupposto — spiega Gaburro — che la legge della vita consiste nella porosità, inesauribile e tutta da scoprire, con questo contributo si vuole porre l’accento sul fatto che la riflessione teologica non può che essere porosa. Pur riconoscendo, con John Henry Newman, l’importanza di smascherare l’illusione di neutralità che aveva sedotto i suoi contemporanei, convincendoli di essere l’unica via credibile verso la verità, non si può negare che la conoscenza teologica si lascia costantemente contaminare dai linguaggi, dalle categorie e dalle visioni del mondo che l’attraversano. Fare teologia, in prima battuta, non significa dedicarsi a un lavoro esoterico ricavandosi un angolino comodo e immediato in vista di un riconoscimento consolatorio, ma coltivare con sapienza la notizia dell’evento di Cristo in forma di mediazione culturale della fede».

Per Gaburro «la teologia, considerandosi come accompagnamento pensante del vissuto di fede e della sua legittimazione, è chiamata ad attraversare i territori comuni del vivere umano senza alcun timore». Secondo Adriano Fabris, l’ultima produzione di Lorizio si sviluppa soprattutto a due livelli: quello di un approfondimento teorico di fondo, volto a mostrare «il carattere non mitico di Dio, dell’uomo e del mondo», e quello dell’elaborazione di una “teologia contestuale”, capace di «confrontarsi con le istanze contemporanee anche facendo propri i linguaggi in cui esse vengono solitamente espresse». Il volume raccoglie altri contributi a partire da quelli di Romano Penna, Eilert Herms, Antonio Sabetta, Lothar Vogel, Ignazio Sanna, Francesco Cosentino, Piergiorgio Grassi, Luciano Malusa, Vito Nardin, Fulvio Ferrario, Dimitrios Keramidas, Marco Staffolani, Giovanni Amendola, Rocco Salemme, Gabriel-Iulian Robu, Gianmaria Canu e Giuseppina De Simone. Nei testi si ritroveranno i temi che hanno segnato la ricerca di Giuseppe Lorizio: il pensiero rosminiano, le questioni di confine e liminari tra filosofia e teologia, gli ambiti pertinenti la teologia fondamentale, il dialogo ecumenico con la tradizione luterana e ortodossa.

di ROBERTO CUTAIA Su Osservatore Romano 1 Febbraio 2024

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