
Di Pina de Simone, Editoriale di Dialoghi 2024/1 Dalla metafisica all’ermeneutica; Nel segno della cura del bene; Elogio della porosità: sono tre testi recentemente pubblicati.
Ad accomunarli è il loro nascere da storie di ricerca e di insegnamento (quelle di Piergiorgio Grassi, di Luigi Alici, di Giuseppe Lorizio); da un intenso lavoro di interrogazione e di approfondimento portato avanti nel tempo in una capacità di tessere coinvolgimenti ampi, di aprire percorsi, di mettere in circolo intuizioni e idee quanto mai feconde.
Se volessimo indicare la cifra che caratterizza queste storie, potremmo dire che è sicuramente nella interconnessione e nel dialogo a tutto campo.
Lo si coglie assai bene nel titolo del libro in onore di Giuseppe Lorizio: Elogio della porosità. La porosità viene qui presentata come connotazione propria di una teologia che
voglia ripensare se stessa, sapendo stare sulle frontiere. Ma, a ben guardare, la porosità è del sapere come tale, così come è nella filosofia della Scuola di Urbino o nella ricerca filosofica condotta a Macerata. Come potrebbe d’altra parte irrigidirsi un sapere che voglia effettivamente seguire la sinuosità della vita, riflettendo quella che Blondel chiama la “logica del disordine”? Non una atomizzazione senza scampo, ma una pluralità, talvolta contrastante, da imparare ad attraversare e ad abitare sapendo riconoscere gli intrecci, e soprattutto quei segreti fili che legano il finito all’infinito, le tracce dell’invisibile e dell’assoluto nel tempo.




