Passiamo dalla deterrenza alla convivenza

All’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, il cardinale gesuita Jean Danielou pubblicava un pamphlet che mi fece da viatico mentre muovevo i primi passi negli studi teologici, si intitolava La cultura tradita dagli intellettuali (Rusconi, Milano 1974). Le cause del tradimento venivano individuate in tre aspetti di quella che l’Autore riteneva fosse la “cultura dominante”, ovvero lo scientismo positivista, il soggettivismo individualista e lo storicismo immanentista. Se da un lato la possibilità di uscire dal tunnel veniva intravista in un recupero della metafisica, tanto bistrattata anche fra i credenti, con grande disappunto di Danielou, dall’altro egli denunciava la superficialità del modo di vedere e pensare dei cristiani del suo tempo. Facilmente immaginabile cosa direbbe di noi cinquant’anni dopo. La questione di quello che definisce l’affievolimento della fede consiste anche nella mancanza di consapevolezza del suo essere «vitale per la civiltà: noi non siamo responsabili soltanto della salvezza eterna. Noi siamo responsabili anche della città terrena, perché attraverso la città terrena si costruirà la vocazione eterna». continua lettura su Avvenire 8 Aprile 2024

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