La Chiesa, quattro attributi proposti dal “Credo”

Dopo aver espresso in maniera personale la fede nelle persone divine, il Credo propone al fedele l’espressione: “Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica”. Questa differenza tra la preposizione in “Credo …in Dio Padre Onnipotente, … Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, … Credo nello Spirito Santo,” non è una semplice variazione linguistica, ma ci informa della differenza tra Dio e la sua opera che è la Chiesa. Se si dicesse alla stessa maniera, “credo nella Chiesa”, la staremmo in un certo senso divinizzando, mentre la verità più profonda è che in essa abita la presenza del Risorto che l’ha voluta come la modalità per entrare in rapporto con l’umanità e legare i singoli dell’umanità tra loro: «Piacque a Dio di santificare e salvare gli uomini, non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire un popolo che lo riconoscesse nella verità e santamente lo servisse» (LG 9).

Se la Chiesa non deve essere confusa con la divinità, allo stesso tempo non può essere separata dal suo Signore. Essa rimane paradossalmente pienamente visibile perché concretamente fatta da uomini, ma è anche una realtà misteriosa perché in essa è presente Dio.

La chiesa è “work in progress”, in essa opera l’azione di Dio, ma l’umanità in essa presente deve ancora lasciarsi pienamente plasmare ad immagine dell’Autore divino. Tale “lavorazione”, il cui fine da raggiungere è idealmente espresso con i 4 attributi proposti dal Credo, fa riferimento agli Atti degli Apostoli.

Qui abbiamo che l’unità riflette «la moltitudine di coloro che erano diventati credenti» e che aveva, e ancora ha nella Chiesa attuale, «un cuore solo e un’anima sola» (At 4, 32). La santità, poi, riassume il modo in cui, nella prima comunità apostolica, tutti «erano assidui e concordi nella preghiera insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui» (At 1, 14). Inoltre l’apostolicità, criterio utilizzato nei primordi come riconoscimento contro le eresie di “altre chiese”, ci dice ciò che la Chiesa ascolta e tramanda, ciò che essa stessa è, «nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42). Infine la cattolicità, che può essere anche espressa con la parola universalità, viene dalla Pentecoste: alla Chiesa partecipano tutti, di tutte le lingue, e tra loro, per mezzo dello Spirito che scende, si comprendono.

La Chiesa è una realtà viva che incontriamo e tocchiamo nelle persone convocate in assemblea nella celebrazione domenicale, che si spende per l’aiuto al prossimo attraverso la carità e le necessarie strutture per dare a tutti il pane quotidiano, che parla e diffonde la Parola di Dio attraverso i suoi ministri, dal più visibile che è il Papa, vicario di Cristo, passando per i vescovi, fino all’ultimo parroco che serve nella parrocchia più umile. Senza disdegnare, in tutto questo, quella carità intellettuale con cui il pensiero si sforza di comprendere il mistero per cui la Chiesa di oggi deve diventare sempre più, e alla fine diventerà, il Regno di Dio predicato dal Maestro, che si manifesterà in pienezza solo alla fine dei tempi.

Allora i 4 attributi “della lavorazione divina” vanno compresi insieme, perché «inseparabilmente tra di loro, indicano tratti essenziali della Chiesa e della sua missione. La Chiesa non se li conferisce da sé stessa; è Cristo che, per mezzo dello Spirito Santo, concede alla sua Chiesa di essere una, santa, cattolica e apostolica, ed è ancora lui che la chiama a realizzare ciascuna di queste caratteristiche» (CCC 811).

Marco Staffolani

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