
Continuiamo il nostro percorso di preparazione al Giubileo, con una miniserie di 4 articoli, tanti quante le Porte Sante che verranno aperte secondo la scansione della bolla Spes non confundit. Papa Francesco conferma infatti: «Sostenuto da una così lunga tradizione [dei giubilei] e nella certezza che questo Anno giubilare potrà essere per tutta la Chiesa un’intensa esperienza di grazia e di speranza, stabilisco che la Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano sia aperta il 24 dicembre del presente anno 2024, dando così inizio al Giubileo Ordinario. La domenica successiva, 29 dicembre 2024, aprirò la Porta Santa della mia cattedrale di San Giovanni in Laterano, che il 9 novembre di quest’anno celebrerà i 1700 anni della dedicazione. A seguire, il 1° gennaio 2025, Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, verrà aperta la Porta Santa della Basilica papale di Santa Maria Maggiore. Infine, domenica 5 gennaio sarà aperta la Porta Santa della Basilica papale di San Paolo fuori le Mura» [n.6].
L’esperienza di fede salvifica che l’apostolo Pietro vive nell’incontro con il maestro Gesù è paragonata, nel vangelo di Giovanni (cfr. Gv 10,7.9), all’ “attraversamento della porta”. Questa suggestiva immagine, di entrare, di passare, e anche di ritornare ed uscire per la porta, si presta a molte interpretazioni.
La porta conduce le pecore nel recinto sicuro, uno spazio protetto in cui l’affetto e la cura del pastore fanno trovare ristoro dalle problematiche del mondo e dell’esistenza. Lì, nell’intimità che si crea tra coloro che condividono lo stesso cammino, che ascoltano la stessa voce (e parola) del pastore, che si nutrono dello stesso pane di vita, lì si consolida il legame interiore che il credente ha con Dio e con i suoi fratelli.
Ma la porta permette anche il movimento opposto: si esce per andare fuori, secondo il paradigma della “chiesa in uscita” tanto caro a Papa Francesco. Le pecore, che all’interno hanno acquisito confidenza le une con le altre, e tutte con Dio, sono pronte ad impegnarsi per il “fuori”, per il mondo, ad affrontare la sfida di un terreno scosceso e di un pasto non sicuro.
La porta è dunque simbolo di un cammino che si compie, e di un passaggio che si attua. Di una conversione e di una trasformazione che rende nuovi. Non si tratta di eroismo personale, di pura ascetica o filantropia umana, e nemmeno di un’astratta filosofia di vita. Le pecore entrano perché attratte da un di più che le nutre e le completa. Non escono andando alla sprovvista, ma trovano pascolo perché guidate dalla voce familiare di Dio. Dio “non improvvisa” il cammino, e la logica della croce/risurrezione, che può sembrare “perdente” ad una società e ad un tempo storico individualista ed egocentrico, è invece la via che le pecore percorrono, in compagnia del maestro e di altri discepoli.
Una suggestione “cinematografica” può dare respiro per un confronto e per capire la ricchezza del nostro cammino ecclesiale. Il protagonista di Matrix, Neo all’inizio della sua missione, prima di entrare alla presenza dell’Oracolo (la famosa “signora dei biscotti” che avrebbe dovuto sentenziare sulla sua presunta identità di Eletto, salvatore del genere umano, dalle macchine che hanno invaso la terra), viene chiamato a riflettere sulla scritta filosofica posta nell’architrave sotto cui è appena passato: “Conosci te stesso”. Viene spinto a conoscere il suo amore per Trinity, e per gli altri della città di Zion, compreso Morpheus suo amico che lo ha liberato dall’inganno di Matrix, lo ha portato alla conoscenza del mondo reale e preparato all’arte del sacrificio, oltre sé stesso.
Così possiamo assumere anche noi un motto nell’attraversamento della Porta Santa a cui siamo “giubilarmente” chiamati: con Agostino: “Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas” («Non andare fuori, rientra in te stesso: è nel profondo dell’uomo che risiede la verità»). Che Dio ci doni il suo Spirito, per conoscere la verità che siamo e che Lui è.
p. Marco Staffolani
