San Giovanni in Laterano e l’esperienza di Pascal

Di Marco Staffolani su Roma Sette 22 Settembre 2024

Continuiamo il nostro viaggio attraverso le Basiliche Papali fissando la nostra attenzione alla “Cattedrale di Roma”, meglio conosciuta come Basilica di San Giovanni in Laterano. La specificazione “in Laterano” deriva dal fatto che la zona anticamente era di proprietà della nobile famiglia dei Laterani: probabilmente la loro casa era sita verso l’attuale Via Amba Aradam, e l’estensione dei loro terreni copriva anche l’attuale area basilicale. Continuandone la storia, la Basilica venne consacrata nel 324 (o nel 318 a seconda della fonte storica) da Papa Silvestro I, e dedicata al SS.mo Salvatore. Il nome “San Giovanni” è dovuto, poi, ad altre due dediche più tardive: nel IX sec., Sergio III dedicò il complesso a San Giovanni Battista, mentre nel XII sec. Lucio II aggiunse la terza dedica, quella a San Giovanni Evangelista.

La serietà del pellegrinaggio che il Giubileo ci chiama a compiere ci porta a ripercorrere questi titoli associandoli alla storia e alla fede che hanno scaturito nei credenti. E nel “cammino” per giungere a Roma, fatto di molti mezzi veloci presi per “ridurre” il tempo e la fatica dello spostamento, speriamo vi sia anche una parte classica da “fare a piedi”, o in cui si rimanga un po’ in silenzio, per avere chiara la mèta più grande che si sta perseguendo: andare verso il “Santissimo Salvatore”.

Il superlativo ci ricorda che la prima, ma anche unica e definitiva mediazione per la salvezza viene da Gesù Cristo. È egli colui che riapre le porte chiuse del paradiso. Ma ancor prima, colui che ci crea traendoci dal nulla per poi preservarci dalla morte eterna. È dunque lui che dà senso all’esistenza, di ciascuno in particolare e di tutti in generale. 

E se la comprensione di tale realtà ha richiesto nella storia umana la successione di molti profeti, è sicuramente il Battista, il Precursore, colui che possiamo indicare come “discepolo della verità”. Ha reso testimonianza puntando il dito contro la menzogna dei potenti, che distrugge l’intelligenza libera degli uomini, e pagando tutto questo con la sua vita. Lo stesso copione sarà associato al Nazareno che dopo aver annunciato la verità del regno dei cieli, che Egli stesso è, non sarà compreso ma rifiutato, e finirà per patire la croce.

Quale il senso di questa esistenza divina, che si fa umana, che si abbassa sotto la fatica del sole, che si sottopone al giudizio e al processo dei potenti prepotenti, che prega Dio Padre l’Altissimo di perdonare quanto gli uomini fanno, ma di cui non sanno le vere conseguenze, che subisce l’ingiustizia fino alla morte, e che poi risorge nel silenzio della mattina del Terzo Giorno?

Una sana, sublime, meditazione (o forse correre un pericolo?) sarebbe l’ardire di mettersi nei panni di questo “uomo-Dio”. Questo ci terrebbe in scacco dalla più difficile delle domande: Perché? Chi glielo ha fatto fare?   

San Giovanni Evangelista, discepolo vicino al cuore del Signore nell’ultima cena, spiega tale storia di Gesù arrivando all’essenza di Dio (almeno per quello che se ne può conoscere, ancora “viandanti su questa terra”). Gesù non è soltanto l’Alfa e l’Omega, colui nella sua storia ricapitola tutte le altre storie umane (Ap 21,6-8), ma Egli è essenzialmente, meglio ancora trinitariamente, Amore (1 Gv 4,8.16). E alla domanda sul “Perché?” non possiamo che riflettere con Pascal che dovremmo cercare la risposta tra quelle “ragioni che la ragione non conosce” attraverso forse un’esperienza simile a quella del filosofo francese, il cosiddetto Mémorial, di cui scrive, in modo “magico”: «Fuoco. Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei sapienti».

Marco Staffolani

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