[di Don Giuseppe Lorizio su Avvenire 4 Marzo 2025] La decisione di dedicarmi agli studi teologico-filosofici a tempo pieno ha trovato un input, forse non decisivo, ma sicuramente tutt’altro che marginale, nella partecipazione, a fine anni Settanta del secolo scorso, ad una conferenza tenuta da Italo Mancini in quel di Manfredonia, la mia diocesi di origine. Qualcuno afferma che don Italo sarebbe stato “sipontino di adozione”, anche grazie alla profonda amicizia che lo legava a don Michele Nasuti e don Domenico D’Ambrosio, presbiteri di quella diocesi, e alle vacanze che amava trascorrere sul Gargano. Muovevo allora i primi passi del mio presbiterato ed era il periodo in cui il pensatore pubblicava un suo testo, che ritengo fondamentale, dal titolo Con quale cristianesimo (Coines, Roma 1978, con dedica proprio a don Michele, della cui “chiesa di popolo” si sentiva parte). Le tematiche ivi racchiuse furono argomento del suo dire in quella occasione. Non mi soffermerò su altri fecondi momenti di incontro con il geniale credente che è stato don Italo, limitandomi a ricordare la sua partecipazione agli incontri organizzati da Mondoperaio sulla storia come sventura o come progresso, cui aveva partecipato anche padre Ernesto Balducci, nonché alle chiacchierate in margine al Convegno della Chiesa Italiana di Loreto del 1985.

