Apprendimento e intelligenza artificiale una sfida

L’intervista di Marco Mancini a padre Marco Staffolani

Qual è la sua visione sul rapporto tra l’evoluzione digitale e le riflessioni antropologiche sull’uomo?

Ripercorro brevemente la storia del fenomeno “digitale”, per delineare come la sua “evoluzione” sia da collegare a quella antropologica. […] In origine, per digitalizzazione si intendeva, tecnicamente parlando, la rappresentazione dell’informazione discretizzata del nostro mondo. Tutto ciò che percepiscono i nostri sensi umani (in dimensione analogica) ad esempio l’audio con l’orecchio, le immagini con la vista, i testi con la nostra capacità di leggere e scrivere, e tanto altro, può essere “convertito” in una sequenza digitale binaria, processabile a sua volta attraverso la macchina….

continua la lettura su didatticaermeneutica 25/03/2025

“La verità della fede, grembo di comunione nelle differenze”

Nella logica della fede fondata sulla Rivelazione, l’adesione alla verità si dà nell’esercizio della libera volontà e nell’amore. L’orizzonte comunionale sottrae il credente al rischio del relativismo ed è indicazione decisiva anche in ordine al dibattito pubblico sulla verità. [Di Giuseppe Lorizio, su Dialoghi 1/2025]

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Italo Mancini, la riscoperta del valore unico dell’altro

[di Don Giuseppe Lorizio su Avvenire 4 Marzo 2025] La decisione di dedicarmi agli studi teologico-filosofici a tempo pieno ha trovato un input, forse non decisivo, ma sicuramente tutt’altro che marginale, nella partecipazione, a fine anni Settanta del secolo scorso, ad una conferenza tenuta da Italo Mancini in quel di Manfredonia, la mia diocesi di origine. Qualcuno afferma che don Italo sarebbe stato “sipontino di adozione”, anche grazie alla profonda amicizia che lo legava a don Michele Nasuti e don Domenico D’Ambrosio, presbiteri di quella diocesi, e alle vacanze che amava trascorrere sul Gargano. Muovevo allora i primi passi del mio presbiterato ed era il periodo in cui il pensatore pubblicava un suo testo, che ritengo fondamentale, dal titolo Con quale cristianesimo (Coines, Roma 1978, con dedica proprio a don Michele, della cui “chiesa di popolo” si sentiva parte). Le tematiche ivi racchiuse furono argomento del suo dire in quella occasione. Non mi soffermerò su altri fecondi momenti di incontro con il geniale credente che è stato don Italo, limitandomi a ricordare la sua partecipazione agli incontri organizzati da Mondoperaio sulla storia come sventura o come progresso, cui aveva partecipato anche padre Ernesto Balducci, nonché alle chiacchierate in margine al Convegno della Chiesa Italiana di Loreto del 1985.

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IA e umani, a che punto siamo tra lavoro ed educazione?

[di Marco Staffolani, 26/02/2025] Cosa viene in mente se dico IA? La chatbot di ChatGPT in cui fare domande? Oppure qualche scena apocalittica in cui le intelligenze da artificiali diventano senzienti e autonome, e prendono il controllo dell’umano? O semplicemente che come umani siamo tanto “svogliati” (o intelligenti? O sconsiderati?) che delegheremo tutto il lavoro e noi “moriremo di noia” (o “moriremo a causa delle macchine”)?
Sembra che per adesso non c’è nessun pericolo imminente! Gli analisti (cf. Articolo di Wired) che si sono concentrati sulla “capacità di linguaggio” degli LLM (Large Language Model, ossia simulare il linguaggio umano) dicono che i lavori (seri) fatti con ChatGPT e affini, riguardano maggiormente i programmatori informatici e gli addetti alla stesura di documenti tecnici o legati a processi creativi. In pratica, chi investe soldi nel profilo business di queste IA, progetta siti, app, ecc, oppure produce testi “critici” e importanti (su cui i clienti “paganti” devono poter fare affidamento). In definitiva, è l’umano che deve controllare e certificare ogni prodotto che esce dalla filiera mista uomo-IA, sia dal punto di vista del linguaggio ma soprattutto in merito ai contenuti.

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“Vivere il giubileo”. In forma di intervista agli autori

Presentazione di “Vivere il giubileo” in forma di intervista agli autori a cura di Mimmo Muolo, vaticanista di “Avvenire”. Parrocchia San Pio V – largo san Pio V 3, Roma, martedì 25 febbraio ore 18:00

Sul termine “GIUBILEO”, Estratto (1) dalla presentazione del libro “Vivere il Giubileo” (San Pio V)

Sull’Indulgenza – Estratto (2) dalla presentazione del libro “Vivere il Giubileo” (San Pio V)

Vivere il Giubileo significa prepararsi ad un passaggio: non solo attraversare, fisicamente, la porta Santa, o adempiere un rito prescritto dalla Chiesa. Si tratta di fede e di ragione che si pongono davanti a Dio e ad una tradizione viva. Il libro risponde a quesiti importanti: “Cos’è il Giubileo? A che serve?”, “Cosa dire all’uomo di oggi che non crede più a niente?” “Siamo veramente liberi, oppure Dio impone un esito alla storia?” “Dio ha bisogno della mia preghiera? per i miei cari defunti?”, “Esiste veramente il purgatorio? E la vita eterna?”. L’approfondimento degli autori, come una bussola, orienta nell’attuale cambiamento d’epoca.

La simulazione perfetta.

[di Marco Staffolani, su pensarelafede.com]

Anche se siamo nel tempo delle intelligenze artificiali, in cui computer superveloci macinano dati a più non posso, la modalità di interazione con i nuovi BOT (dai semplici risponditori automatici, fino ai più sofisticati ChatGPT, DeepSeek, Gemini ecc.) sembra avvenire con la stessa riga di comando tipica dei sistemi operativi degli anni ’80-’90, quando ancora non c’erano né il mouse né le “finestre” di Windows o di MacOS. Chi ha visto il primissimo Matrix (1999), ricorda tutto questo nell’iconica versione dei caratteri bianco verdi, accompagnati dai click della tastiera meccanica.

E mentre si digita l’input per la “macchina”, attendo il blinking del cursore che compone la risposta, dentro l’umano nasce la “curiosità”: chi c’è li dietro che sta scrivendo? chi, o forse meglio, cosa? Detto in termini informatici popolari stiamo facendo (alla macchina) il “test di Turing”.

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Quando la fantascienza incontra la dolcezza

[di Marco Staffolani, su pensarelafede.com] Quando pensiamo ai film o alle serie tv di fantascienza potremmo essere condotti con la mente a pensare a grandi guerre tra imperi galattici, realtà virtuali in cui l’umano è diventato etereo, o ai viaggi spaziali che superano il limite della velocità della luce. Ma se guardiamo bene nelle nicchie, potremmo scoprire piccoli gioielli che pur non avendo avuto il successo del blockbuster meritano di essere visti perché fanno riflettere su un lato dell’umano che tutti noi desideriamo ma che, in una società sempre più appariscente, in cui vigono nuove declinazione della (perenne) “legge del più forte, rischiamo di non donare e di non ricevere: la dolcezza.

La proposta che vi faccio è di una di quelle pellicole che sono rimaste poco pubblicizzate proprio perché non sono eccezionali, non colpiscono per i loro effetti speciali, non meritano la menzione da Oscar. Eppure le nostre giornate quotidiane, quelle normali, quelle in cui la tecnologia sta entrando sempre più prepotentemente, avrebbero bisogno di questa “semplicità” mostrata nel film “Robot & Frank” del 2012.

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Le intelligenze artificiali: da Matrix a noi

La fantascienza ci aiuta a pensare il nostro tempo corrente. In matrix (1999) abbiamo già dei prodromi su quelle che oggi sono diffusamente chiamate Intelligenze artificiali… e (già al tempo 1999) si cercava di rappresentare (nel bene e nel male) come esse possono interagire con l’umano.

[…] Riflettiamo intrecciando i nostri pensieri cinematografici con l’attuale panorama tecnologico in cui (alcuni affermano) che il 2025 sarà l’anno delle intelligenze artificiali (IA). Gli ottimisti (leggasi magnati della Silicon Valley) vorrebbero che i grandi capitali investiti nelle strutture e nelle tecnologie (non è chiaro quanto sia stato investito in capitale umano…) siano la scintilla per avviare una diffusione capillare delle IA nella vita quotidiana.

Ci sarebbero tutte le condizioni per una profonda trasformazione: un’integrazione delle IA è già in atto da diverso tempo in vari settori, dalla sanità all’industria, dal commercio online fino ai lavori usuranti. […] Non mancano comunque scetticismo e preoccupazioni: nonostante i progressi visibili, l’IA mostra anche limiti evidenti nell’affrontare problemi complessi che richiedono una comprensione del comportamento umano e delle dinamiche del mondo reale

Leggi articolo Di Marco Staffolani 20 Febbraio 2025 su Settimananews.it

Ritorno … a(l verde di) Pandora

E’ da poco uscito un altro trailer che ci fa gustare in anticipo l’atmosfera del terzo episodio della saga di Avatar, capolavoro di J. Cameron, che sbarcherà nei nostri cinema (probabilmente) a dicembre 2025. Nell’attesa di capire qualcosa in più della nuova trama (conosceremo, dopo la via dell’acqua, quella “del fuoco e delle ceneri”) ritorniamo con il pensiero a Pandora, che abbiamo imparato a conoscere attraverso gli occhi di Jack Sully, marine americano impossibilitato a camminare, e ristabilito nel suo servizio militare attraverso la tecnologia dell’avatar.

Che il mondo avesse bisogno di un’icona cinematografica per esprimere un rinnovato amore alla Terra era chiaro. Nel 2009 oltre agli effetti speciali, Avatar è piaciuto a tutti perché ha riportato al cuore di ciascuno il nostro legame vitale con la natura, legame che abbiamo messo in crisi in nome di un’efficienza tecnologica sempre più esosa di risorse e di energie. Prelevare dal pianeta (senza freni) era lecito, meglio implicito. Siamo dunque diventati, in un certo qual modo, predatori della “nostra madre terra”? Selvaggi come sono (apparentemente) le creature di Pandora?

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