Cominciamo da una domanda: cosa dice la Rivelazione sul cosmo?
Dalla tradizione neoscolastica abbiamo ereditato una duplice concezione secondo la quale esiste una rivelazione naturale ed una soprannaturale. Oggi bisogna ripensare questo concetto in chiave unitaria, cioè vedere i due volti della Rivelazione, come due prospettive sulla stessa realtà: il volto Cosmico-antropologico, ed il volto storico-escatologico, dove il primo è inserito nel secondo.
La rivelazione non si preoccupa di dirci com’è fatto il mondo (in modo scientifico), ma il suo interesse è di offrire una verità salvifica in chiave olistica (salvezza dell’uomo e del creato tutto). Nella Rivelazione della Scrittura abbiamo comunque una cosmogonia cioè la descrizione del cosmo attraverso gli occhi di un uomo del tempo antico in cui le Scritture si producono. Lo scrittore sacro non pretende di descrivere il ciclo dell’acqua, o la sfericità del mondo, o la collocazione della Terra all’interno del sistema solare… Allo stesso tempo abbiamo una descrizione unitaria dell’uomo, che non ha nessun interesse ad essere un manuale di antropologia.
Per questo ci sono due rischi che dobbiamo evitare: il letteralismo biblico, e il dogmatismo scientifico. La bibbia non è un manuale di fisica, lo scrittore sacro, ispirato da Dio, utilizza le categorie cosmogoniche del suo tempo (le acque inferiori e superiori, il cielo e la terra, i grandi luminari ecc.). Sicuramente non possiamo pretendere di applicare i canoni di Galileo Galilei a tale lettura: l’autore sacro non aveva ancora formalizzato il metodo scientifico con formulazioni matematiche di leggi ed esperimenti per verificarle.
Ad esempio nel salmo 134 figurativamente Dio opera direttamente sugli elementi atmosferici, e su essi ha il pieno controllo. L’autore biblico però non è interessato alle dinamiche dell’atmosfera o della biosfera in sé, piuttosto l’azione di “controllo” che Dio ha sulla natura è indice di un “controllo” che si estende anche alla storia dei popoli e di tutte le vicende umane.
Sal 134: 6 Tutto ciò che vuole il Signore,
egli lo compie in cielo e sulla terra,
nei mari e in tutti gli abissi.
7 Fa salire le nubi dall’estremità della terra,
produce le folgori per la pioggia,
dalle sue riserve libera i venti.
8 Egli percosse i primogeniti d’Egitto,
dagli uomini fino al bestiame.
9 Mandò segni e prodigi
in mezzo a te, Egitto,
contro il faraone e tutti i suoi ministri.
10 Colpì numerose nazioni
e uccise re potenti:
11 Seon, re degli Amorrèi,
Og, re di Basan,
e tutti i regni di Cànaan.
Il manuale di fisica, dal suo canto, non è un testo di teologia, in esso si segue il metodo scientifico per cui si utilizza il linguaggio della matematica, e se anche si può usare un approccio descrittivo e narrativo (solitamente usato per la divulgazione), questo è sempre supportato dai dati, e “aggiornato” dalle nuove scoperte.
Anche se i “due libri”, della fede e della scienza, sono distinti, essi sono “comunicanti” attraverso le grandi domande che l’uomo si pone, che chiamano in questione non solo l’interpretazione biblica e il metodo sperimentale, ma anche la filosofia come grande mediatrice della ricerca della verità.
Ritornando ai “due volti” della rivelazione, li vediamo rappresentati bene nell’immagine delle “Spalle di Dio” rivolte a Mosè (in Es 33, 18-23), che viene concessa (provvidenzialmente) al posto della pienezza del volto che porterebbe la morte dell’osservatore.
Nella tradizione talmudica rabbinica le “due spalle di Dio” sono state interpretate attraverso la Torah e la Creazione: questo è quanto si può vedere di Dio. Sicuramente in queste due dimensioni Dio si rivela, mostrando appunto la sua opera/azione/creazione, fatta con ordine e magnificenza, e poi “mostrando” i suoi pensieri, attraverso la sua Parola.
Il salmo 8 ci mostra in particolare la lode di tutta la creazione, e l’apice antropologico:
Ma allo stesso tempo, Egli nuovamente si nasconde: Dio non abita sulla terra e non lo si può vedere, perché ha la sua dimora nei cieli. E anche la sua parola rimane misteriosa perché non sempre di facile comprensione prevedendo la conversione del cuore, e un’altezza alle volte spropositata per l’uomo, in quanto “i Miei Pensieri, non sono i vostri pensieri”. IS 55
In definitiva Dio ci mostra di Sé la legge (cosa fare) il Talmud (come fare) e la Kabala (perché fare), poi l’altra spalla da analizzare, che interessa questo nostro corso, è la Creazione.
Perché cerchiamo Dio in questo modo? Perché non possiamo fare altrimenti! L’unica strada da percorrere è l’analogica per poter intuire qualcosa di Dio. Poi Dio va’ oltre in Cristo dove si rivela nel Verbo incarnato.
Quindi la Rivelazione accade dentro la cosmologia, non può prescindere da essa, è dipendente dallo spazio e dal tempo e dalle leggi fisiche (anche se nel suo svolgersi alla fine le trascende). Ma è anche vero il contrario, forse anche “più vero” nella dimensione della fatica della ricerca e della stessa fede che crede, che la cosmologia è dentro la Rivelazione: tutto il tempo e lo spazio, dunque anche la spiegazione cosmologica, come la descrissero gli autori sacri nostri avi, e come facciamo noi oggi con il linguaggio scientifico, e come potranno fare i posteri in futuro, sono legati alla significazione, che va oltre il tempo, che ci viene attraverso il dono della rivelazione, per cui c’è una storia di tutta l’umanità che prosegue nell’incontro eterno della persona con Dio, e da questo non è esclusa nemmeno la trasfigurazione del corpo e del creato.
E’ importante sottolineare questo doppio legame: da una parte “non si può accettare” una scienza che voglia spiegare o superare la dimensione della fede, sarebbe per essa deontologicamente errato, e più che di scienza occorre parlare di filosofia e metafisica. E nella misura in cui la scienza si propone come ultima spiegazione della realtà, non sta facendo altro che invadere il campo della teologia o del sapere di fede.
La Rivelazione dal canto suo non può non contenere elementi di cosmologia ed antropologia presi dal suo contesto contemporaneo (in cui le Scritture vengono prodotte), infatti la rivelazione non accade come una discesa dall’Alto, atemporale, ma si innesta in un humus contestuale e puntuale, “condizionato” dalla ricerca culturale già presente nelle civiltà circostanti ad Israele, di modo che c’è una fase di preparazione della rivelazione e un suo sviluppo/produzione storico e ancora una comprensione da parte dell’uomo. Tale doppia riflessione va in analogia con gli studi esegetici sulla vita di Gesù di Nazareth, che portano a vederlo prima come il Gesù storico, ma poi, nell’ottica della riflessione di fede anche come il Cristo della fede.
Riguardo alle culture proprie che fanno da contesto alla Bibbia, possiamo affermare che le Scritture Sante valorizzano non solo la propria, ma anche le culture di ogni tempo (pensiamo allo studio del movimento degli astri ad esempio dei babilonesi), e questo significa anche una certa loro purificazione (nella cultura è compreso anche il paganesimo, divinità straniere, collegate alla cosmologia).
La Bibbia e la Rivelazione non adottano una struttura cosmica o antropologica fissa. La domanda ipotetica che potremmo farci è “se la rivelazione accadesse oggi, nel secolo XXI come sarebbe?” Sicuramente accoglierebbe i risultati della scienza e della tecnica del suo tempo, altrimenti si cadrebbe nel fissismo o nel concordismo (dunque la divaricazione senza fine permanente tra scienza e fede).
Il problema oggi, e forse di sempre, è l’analfabetismo teologico (da parte degli scienziati) e quello scientifico (da parte dei teologi). Il Teologo per esempio, pur rimanendo nel proprio ambito deve conoscere i risultati della ricerca scientifica e così lo scienziato al contrario per ciò che riguarda la Teologia, deve conoscere le categorie e il linguaggio della fede.
Cercando in definitiva di riscattare il messaggio della Rivelazione dalle sue configurazioni cosmologiche ed antropologiche, cosa resta? Potremmo evidenziare 3 elementi:
- COSMO NON MITICO (nel senso pagano del termine)
Il mondo non è Dio! Né sacro né divino. Questo è liberante, perché posso utilizzare, posso scrutare, posso spiegare, posso prevedere, posso modificare il mondo. Infatti anche nella Rivelazione ci sono elementi di demitizzazione. (il Sole e la Luna, non sono viste come divinità del culto egizio, ma esse sono grandi luminari regolati dalla forza creatrice di Dio).
- ALTERITA’ NON DUALISTICA
Poiché il messaggio è quello di Dio Padre e Creatore già intravisto da Platone nel Timeo. Dio crea, è un poeta, da poieis dal greco a differenza dall’ebraico dove creare è fare. Ciò per dirci che Dio crea è il poeta dell’Universo. E nel momento in cui Dio crea pone in essere un’alterità, il mondo è altro rispetto a Dio, alterità è importante, bisogna recepire. Quindi essendo il Mondo altro da Dio non c’è dualità, non c’è principio di bene o male.
Infatti, come sappiamo abbiamo due racconti della creazione, l’Autore non mette insieme, non fonde, perché c’è una pluralità di approcci. E nel primo racconto Dio vide che era cosa Buona, cioè c’è una intrinseca bontà in ciò che è creato. Non è frutto di un decadimento, perché la Creazione non è emanazione, necessaria alla divinità, né generazione, lì dove la metafora della generazione è usata solo per la relazione col Figlio, ma Creazione.
- IL MANTENIMENTO DELLA CREAZIONE – IL LEGAME (LEGHEI)
Questo fa sì che Dio sia presente nel cosmo, ci sono le Tracce dell’Infinito nel finito. Ciò ci fa pensare alla Creazione non come a qualcosa del passato, ma ad una realtà presente, fondamento della realtà, è la realtà fondata sempre nel totalmente Altro. Quindi tutto è sempre perennemente sostenuto dalla realtà divina, il tutto va interpretato in senso “Agapico” …L’Amor che move il sole l’altre stelle..
Quindi, concludiamo dicendo che, non essendo la Rivelazione legata ad una cosmologia ed antropologia, significa che la Sua luce può illuminare anche l’attuale cosmologia ed antropologia, per esempio il Multiverso.
