Riportiamo di seguito alcuni estratti video dell’evento: “È ancora tempo di guerre giuste? Per una Cultura della Pace” del 29 gennaio, in cui si è tenuto un impegnativo dialogo su temi attuali e scottanti tra il teologo Giuseppe Lorizio e il giornalista Marco Damilano, presso la Galleria dei Miracoli, in Via del Corso a Roma.
LA SPERANZA NEL CUORE DEI CRISTIANI
Recensione di G. Ravasi sul libro “L’apologetica come arringa della speranza” di S. Gaburro: docente all’Università Lateranense di Roma e alla Facoltà Teologica di Verona (apparsa su Sole24ore 28 gennaio 2024).

Verità. Il saggio di Sergio Gaburro, con le parole di San Paolo, propone un annuncio primario
in dialogo con orizzonti esterni al cristianesimo
E’ un po’ paradossale: il teologo attuale, quando sente pronunciare il termine «apologetica», rabbrividisce e pazientemente spiega

all’interlocutore che col Concilio Vaticano II ad essa si è sostituita la «teologia fondamentale». Il laico dalla fede incerta o persino l’agnostico spesso si rivolge a chi ora scrive queste righe (ma non solo) chiedendo un testo chiaro e netto di argomentazioni razionali sulla legittimità del credere, in pratica un trattato di apologetica. Com’è noto, l’«apologetica», dal greco apologhía «discorso in difesa», elabora un dossier di argomentazioni razionali «in difesa» delle verità cristiane da portare davanti al tribunale della ragione. Semplificando, l’apologetica si muove sul tracciato razionale per dimostrare l’esistenza di Dio e del suo rivelarsi, prescindendo dal contenuto della rivelazione stessa.
Si tratta, quindi, di un percorso filosofico-storico posto al servizio della fede e della teologia: nell’antica terminologia si parlava di praeambula fidei, cioè di riflessioni preliminari al discorso di fede. Tendenzialmente ci si muoveva in polemica coi negatori, i cosiddetti «razionalisti». La «teologia fondamentale», invece, intende argomentare la verità del cristianesimo attraverso la coerenza e l’evidenza interna del contenuto della rivelazione divina accolta nella fede. La ragione, dunque, è ancora in azione, ma nel perimetro stesso del credere e non ad extra. Questa premessa un po’ didascalica ci spinge a suggerire ai lettori di cui sopra un saggio che non teme di innestare nel titolo quel vocabolo esorcizzato, ma di declinarlo nell’altra direzione teologica: L’apologetica come arringa della speranza, autore Sergio Gaburro, docente all’Università Lateranense di Roma e alla Facoltà Teologica di Verona.
Continua a leggere “LA SPERANZA NEL CUORE DEI CRISTIANI”Eucaristia, dono che nutre e sostiene il cammino

Di Giuseppe Lorizio pubblicato su Roma7 28 Gennaio. Il viandante-pellegrino, per non perdersi né perire, ha bisogno non solo di orientamento, ma di nutrimento, come mirabilmente espresso in questo capolavoro poetico di Georg Trakl, Una sera d’inverno: «Quando la neve cade alla finestra / A lungo risuona la campana della sera, / Per molti la tavola è pronta / E la casa è tutta in ordine. / Alcuni nel loro errare / Giungono alla porta per oscuri sentieri. / Aureo fiorisce l’albero delle grazie / Dalla fresca linfa della terra. / Silenzioso entra il viandante; / Il dolore ha pietrificato la soglia. / Là risplende in pura luce / Sopra la tavola pane e vino». Nelle antiche scritture il cibo del popolo nel deserto porta un nome enigmatico, che esprime un interrogativo: man hû’. Nel Nuovo Testamento il viatico dell’errante, si chiama “eucaristia”. Il filosofo francese Jean-Luc Marion recupera la tematica eucaristica: «L’Eucaristia diventa così il banco di prova di ogni sistematica teologica, perché, conglobando tutto, lancia al pensiero la sfida più decisiva». Il filosofo tenta di mettere in luce la dimensione rivelativa del mistero eucaristico, attraverso il concetto di “presenza” come “dono”, introducendo la tematica del “dono senza presente”, che caratterizza il commercio in cui esercita i propri calcoli la ragione economica. Qui al contrario il dono è al presente, in quanto realizza la presenza dell’Altro nella storia e nella vita di ciascuno.
Continua a leggere “Eucaristia, dono che nutre e sostiene il cammino”E’ ancora tempo di guerre giuste? Per una cultura della pace.
Si ragiona sulla pace, in questo incontro organizzato dall’uff. Cultura del Vicariato di Roma. Intervengono: Marco Damilano (giornalista), Giuseppe Lorizio (teologo, direttore uff. Cultura Vicariato di Roma) con la partecipazione di: Isabel Russinova (attrice e scrittrice); modera: Giulia Rocchi (giornalista) Galleria Dei Miracoli, Via del Corso 528, Roma, 29 Gennaio 17.30
Continua a leggere “E’ ancora tempo di guerre giuste? Per una cultura della pace.”Intelligenza artificiale e Pace
Per capire un po’ di più sulle IA e la loro incidenza nell’attuale contesto. Diretta streaming alle 17.30 del 19 Gennaio
Un’occasione per “l’elogio della porosità”

Elogio della porosità. Per una teologia con-testuale. Miscellanea di studi per il prof. Giuseppe Lorizio, viene proposto su Amazon con lo sconto del 20% al prezzo di 30 euro invece che 40.
buona lettura a tutti
Ancora sul “Teleios”…

Tra coloro che adottano una prospettiva decisamente positiva [nei confronti della tecnologia ci] sono senza dubbio Andrea Vaccaro e Marco Staffolani con il loro Il Teleios. O i sette pregiudizi sulla tecnologia (Le Lettere, Firenze 2023), che anzi rappresenta forse la posizione più spinta dell’ottimismo tecnologico dal versante teologico. Le loro ragioni sono argomentate con linguaggio diretto, lontano dai tecnicismi che ogni disciplina porta con sé, e talvolta anche con una certa ironia. Prendono spunto da quelli che definiscono “pregiudizi sulla tecnologia”, quindi li criticano, tentano di confutarli per poi sostituirli con principi che molto spesso affermano proprio l’opposto.
Il pregiudizio di fondo intorno al quale l’intera riflessione si muove consiste nel credere che l’agire tecnologico sia contrario o in competizione con l’ordine naturale stabilito da Dio. Con riferimenti ai documenti magisteriali, gli autori sottolineano come, nella corretta visione della Chiesa, il cristiano “non si sogna nemmeno di contrapporre i prodotti del proprio coraggio e della propria azione alla potenza di Dio, quasi che la creatura razionale fosse rivale del Creatore; al contrario, è più che persuaso che le vittorie dell’umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno. Per il cristiano, molti sono i dubbi, ma un dato è certo: lo sforzo con cui gli esseri umani, supportati dalla tecnologia, cercano, sin dai primordi, di migliorare le proprie condizioni di vita, considerato in sé stesso, corrisponde alle intenzioni di Dio” (p. 11). Il principio di base è la cosiddetta “autonomia delle realtà terrene” per cui la società ha leggi e valori propri, che l’uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare. E questa autonomia non è solo una rivendicazione particolarmente sentita dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore, “nel rispetto delle esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o tecnica”. È una forte rivalutazione della dignità dell’impegno laico: “non è poi trascorso così tanto tempo da quando la Chiesa, dopo la recisa disposizione del Non expedit, ha rivalutato l’apporto dei laici cristiani impegnati in politica a realizzare il bene comune. Ebbene, il tempo sembra maturo per benedire, accanto all’impegno laico cristiano in politica, anche l’impegno laico cristiano in tecnologia, finalizzato a trasformare fisicamente questo mondo in un regno di pace, di giustizia e di beatitudine” (p. 17). Ciò che vale per la politica e la tecnologia è da estendere naturalmente a tutti i piani dell’agire umano. clicca qui per continuare la lettura su Filodiritto Recensione della redazione di Filodiritto.com del libro “Il Teleios…” di Andrea Vaccaro e Marco Staffolani 17 Gennaio 2024
Epoca del disorientamento, la bussola della rivelazione

La domanda che ci ha guidato nell’Epifania si può così formulare: come possiamo orientarci nel tempo del disorientamento e della notte del mondo? Chi o cosa guida il pellegrino nel viaggio verso la porta santa? La parola anzi la voce può compiere il miracolo dell’orientamento, per cui non ci perdiamo e non periamo. Si tratta di una voce che si ascolta, ma anche che, in quanto destinata ad orientare, addirittura si vede: «Il popolo vide la voce» (Es 20,18) e il narrante si volta per “vedere la voce” (Ap 1,12). «L’espressione – scriveva l’alessandrino Filone – è altamente significativa. La voce umana è fatta per essere ascoltata, ma la voce di Dio è verità che dev’essere vista. Per quale motivo? Perché ciò che Dio pronuncia non sono parole, ma opera, che l’occhio discerne meglio dell’orecchio». Il tentativo, rischioso e affascinante di far dialogare Atene e Gerusalemme, la cultura dell’ascolto e della parola con quella della visione e del concetto, conserva ancora una sua validità, a causa della perenne ansia che abita chi lo ripropone, senza rassegnarsi di fronte al dilemma di inquietanti e fallaci alternative. Il nostro tempo è il tempo della povertà, ed è diventato tanto povero da non avvertire la mancanza di Dio come mancanza: «La mancanza di Dio significa che non c’è più nessun Dio che raccolga in sé, visibilmente gli uomini e le cose, ordinando in questo raccoglimento la storia universale e il soggiorno degli uomini in essa. Ma nella mancanza di Dio si manifesta qualcosa di peggiore ancora. Non solo gli Dei e Dio sono fuggiti, ma si è spento lo splendore di Dio nella storia universale. Il tempo della notte del mondo è il tempo della povertà perché diviene sempre più povero» (così Martin Heidegger). Nella postmodernità si realizza e si esprime in termini eclatanti quel fenomeno della “perdita del centro”, che Hans Sedlmayr aveva così efficacemente descritto, assumendo come sintomo dell’epoca il messaggio proveniente dalle arti figurative degli ultimi due secoli e che Oswald Spengler aveva, con espressione felice e coraggiosa, denominato “tramonto dell’Occidente”. L’epoca del disorientamento registra come propria componente non marginale e non meramente epistemologica la frammentazione del senso e del sapere che in esso si produce. Come scrive la Fides et ratio: «E’ da osservare che uno dei dati più rilevanti della nostra condizione attuale consiste nella “crisi del senso”. I punti di vista, spesso di carattere scientifico, sulla vita e sul mondo si sono talmente moltiplicati che, di fatto, assistiamo all’affermarsi del fenomeno della frammentarietà del sapere» (n. 81). In questo contesto di “disperazione epistemologica” e di “dispersione antropologica”, un messaggio particolarmente illuminante le tenebre della notte del mondo è quello che promana dall’espressione che Franz Rosenzweig ha adottato come leitmotiv della propria riflessione e Giovanni Paolo II ha incastonato nella Fides et ratio (n. 15): «Si tratta del mio punto di Archimede in filosofia, che cercavo da lungo tempo […]. Rivelazione è orientamento. Dopo la rivelazione nella natura c’è un “alto” e un “basso”, reale, non più relativizzabile: “cielo” e “terra” […] e nel tempo c’è un “prima” e un “dopo”, reale, stabile. Quindi nello spazio naturale e nel tempo naturale il centro è sempre il punto in cui io in quel momento sono; nello spaziotempo-mondo rivelato il centro è invece un punto fisso inamovibilmente, un punto che non sposto se io stesso mi trasformo o mi allontano: la terra è il centro del mondo e la storia universale si estende prima e dopo Cristo». Detto anzi scritto da un pensatore ebreo non è poco!
Una teologia «porosa»

Una teologia «porosa» riconosce che la realtà stessa è intessuta d’una stoffa intricata, alle volte «bucherellata», soggetta a molteplici interpretazioni, scivolosa e inafferrabile, anzi, chiaramente sottoposta alla contraddizione di trame e rotture di trame, per cui solo accettando il paradosso se ne può venire a capo, o meglio, si riesce ad attraversarla vedendo attraverso e oltre i buchi… continua la lettura di Marco Staffolani su Settimananews.it 11 Gennaio, recensione sul volume elogio della porosità
Dibattito. Filosofia e teologia in crisi? La soluzione è un reciproco sostegno –

Cari amici, dopo gli auguri, ecco nuova cultura:
Pubblichiamo alcuni passaggi del contributo di Adriano Fabris al volume Elogio della Porosità. Per una teologia con-testuale, miscellanea di studi per Giuseppe Lorizio curata dai teologi Sergio Gaburro e da Antonio Sabetta per le edizioni Studium. (Da Avvenire Agorà 10 Gennaio …)
Oggi la situazione in cui si trovano filosofia e teologia è quantomeno problematica. Tale problematicità dipende da una mentalità comune ormai consolidata. Dipende dalla situazione in cui per lo più ci troviamo a vivere e a pensare: una situazione in cui gli spazi sia per una riflessione filosofica, sia per un discorso teologico sono sempre più ridotti. Viviamo in un’epoca nella quale altre forme di sapere sono privilegiate. Si tratta per lo più di forme che fanno riferimento al modello della conoscenza scientifica e che a sua volta è sinergico alle procedure messe in atto dagli sviluppi tecnologici, fino al punto di esserne, a sua volta, addirittura guidato. In questo quadro per l’indagine filosofica, così come per la ricerca teologica, l’alternativa sembra essere soltanto quella o di adattarsi a tale modello di sapere, oppure di difendere conservativamente, finché ciò risulta possibile, alcuni spazi di agibilità che a entrambe le discipline erano garantiti nel passato…continua su avvenire …




