I doni della fede, le omelie di Tommaso d’Aquino

Nella quaresima del 1273, Tommaso d’Aquino si trovava a Napoli, dove tenne una predicazione in San Domenico Maggiore, commentando la professione di fede e altri elementi fondamentali quali il “Padre nostro”. Le omelie venivano pronunziate, secondo quanto affermato da uno dei suoi biografi Guglielmo da Tocco, in dialetto napoletano, lingua che l’Aquinate avrebbe appreso da sua madre di origini partenopee.

Il maestro di sacra dottrina, proveniente da Parigi, iniziava la sua pedicazione invitando a riflettere sui doni del credere, che raggiungono tutti noi. Il primo di essi è il matrimonio dell’anima con Dio, secondo la metafora sponsale che la Scrittura ci offre soprattutto nel profeta Osea. Infatti, nella fede, l’umanità diventa con-sorte della divinità. E tale rapporto coniugale è indissolubile, come il matrimonio sacramentale fra uomo e donna. Ed è proprio in questa prospettiva che la Chiesa, fedele alla Parola di Dio scritta e alla Tradizione, ritiene il matrimonio sacramento, ossia segno dell’unione fra le alterità rappresentate dal maschile e dal femminile e non potrà mai ritenere sacramentali i rapporti omogenei fra uomini o fra donne. E questa scelta fondamentale, se letta al riparo dai pregiudizi ideologici, non può certamente offendere nessuno, tanto meno i fratelli e le sorelle omosex.

Il secondo dono che la fede ci porge è la vita eterna, per cui tale condizione non è solo quella che ci attende dopo la morte, bensì in fase iniziale ed incipiente è già vissuta dal cristiano. In questo senso i momenti del vissuto che stiamo abitando sono già eterni e quindi paradisiaci o infernali, nella misura in cui siamo in armonia con Dio, noi stessi, gli altri e il mondo o, al contrario, viviamo lacerazioni profonde che ci gettano nell’angoscia esistenziale, che rende insopportabili le nostre giornate. Eterna è l’altra vita, quella dopo la morte, ma anche quella attuale che sperimentiamo nello spazio-tempo che ci è donato.

Infine, la fede orienta la nostra esistenza, per cui Tommaso ci dice che una vecchietta magari ignorante che crede e vive secondo Cristo, ne sa più di tutti i filosofi prima di Lui. Evidentemente il dotto predicatore aveva davanti agli occhi le vecchiette che in prima fila erano venute ad ascoltarlo e leggeva nei loro guardi una fede semplice tale da disarmare ogni teologia e ogni filosofia. In questa prospettiva la possibilità di vincere il male è data soltanto dalla grazia che viene a sostenere la nostra fragilità e di cui la fede e foriera.

Il dottore angelico non manca inoltre di rilevare il fatto che per quanto un filosofo si sforzi di penetrare l’essenza delle cose, non potrà mai giungere a comprendere neppure la natura di una mosca. C’è dunque sempre una soglia invalicabile che pone un limite alla nostra ragione e al nostro sapere, in quanto la pretesa di conoscere il tutto, ovvero l’essenza delle cose, conduce al totalitarismo come insegnano le vicende della modernità compiuta e degli assolutismi che hanno prodotto soltanto violenze e discriminazioni.

Esplorare i contesti scomodi, … la porosità a confronto con la morte e la tecnica.

Articolo di Marco Staffolani sul SIR 6 Marzo 2024

[…] La sfida teologica consiste nel credere alla “porosità” dell’evento cristiano, il quale può rivelare il suo incanto e la sua bellezza anche o proprio quando sembra aver raggiunto la scadenza, quando appare incapace di nutrire l’esistenza, quando è finalmente libero di diventare altro… continua lettura

La teologia “porosa” come chiave di lettura

La teologia “porosa” come chiave di lettura… su Romasette di Michela Altoviti 29 Febbraio 2024

Etimologicamente, “che consente un passaggio”, conducendo al di là, dunque. Questa è la teologia “porosa” alla quale ha cercato di guardare nella sua attività e con la sua produzione monsignor Giuseppe Lorizio, direttore dell’Ufficio diocesano per la cultura e già docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Università Lateranense, a cui, in occasione dei suoi 70 anni, è stata dedicata la miscellanea di studi “Elogio della porosità. Per una teologia con-testuale”, presentata ieri sera, 28 febbraio, nella sede dell’editore Studium, a due passi da piazza Cavour. continua lettura

Vivere il Giubileo come evento ecumenico

Di Giuseppe Lorizio su RomaSette 25 Febbraio 2024

I simboli della nostra fede, innanzitutto l’apostolico e il niceno-costantinopolitano, si aprono con la parola “credo” che coinvolge e al tempo stesso interpella quanti la pronunziano. Se si riflette in profondità sull’atto di fede e sulle sue implicanze, si scopre che la risposta alla salvezza offerta da Cristo comporta ed implica il coinvolgimento dell’uomo nelle sue dimensioni costitutive, che, schematizzando e semplificando, possiamo indicare come dimensione volitiva, dimensione conoscitiva e dimensione affettiva. Infatti, se riflettiamo sulla nostra esistenza personale ci ritroviamo come espressione di emozioni, riflessioni e decisioni che siamo chiamati quotidianamente a vivere. Un credente che nel vissuto quotidiano della propria fede escludesse una di queste componenti, non vivrebbe in pienezza la propria adesione o sequela al mistero di Cristo. Certamente è possibile che, in base al carattere, alla storia personale, ai vissuti interpersonali dei singoli, si dia la precedenza ad una delle tre suddette dimensioni sulle altre, le quali tuttavia non possono essere in alcun modo escluse col rischio di mutilare la propria fede, che non può ridursi ad un atto solamente intellettuale (= intellettualismo della fede), unicamente volitivo (= fede velleitaria) o esclusivamente affettivo (= sentimentalismo della fede). L’atto di fede nel Dio Unitrino, che la Parola di Dio propone e il simbolo attesta, conduce alla salvezza. È infatti ormai acquisito ad esempio sia da parte protestante che cattolica che non sono le opere a salvarci, ma la fede e che l’agire è la necessaria fioritura del credere, come ha affermato la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, sottoscritta nel 1997 da rappresentanti della Chiesa cattolica e di quella luterana. In essa leggiamo: «Insieme crediamo che la giustificazione è opera di Dio uno e trino. Il Padre ha inviato il Figlio nel mondo per la salvezza dei peccatori. L’incarnazione, la morte e la resurrezione di Cristo sono il fondamento e il presupposto della giustificazione. Pertanto, la giustificazione significa che Cristo stesso è la nostra giustizia, alla quale partecipiamo, secondo la volontà del Padre, per mezzo dello Spirito Santo. Insieme confessiamo che non in base ai nostri meriti, ma soltanto per mezzo della grazia, e nella fede nell’opera salvifica di Cristo, noi siamo accettati da Dio e riceviamo lo Spirito Santo, il quale rinnova i nostri cuori, ci abilita e ci chiama a compiere le buone opere. Tutti gli uomini sono chiamati da Dio alla salvezza in Cristo. Soltanto per mezzo di lui noi siamo giustificati dal momento che riceviamo questa salvezza nella fede. La fede stessa è anch’essa dono di Dio per mezzo dello Spirito Santo che agisce, per il tramite della Parola e dei Sacramenti, nella comunità dei credenti, guidandoli verso quel rinnovamento della vita che Dio porta a compimento nella vita eterna» (nn. 15-16). Una più profonda e assolutamente non magica o superstiziosa comprensione del tema delle indulgenze, di cui abbiamo già parlato, e della giustificazione per fede dovrebbe consentire di vivere il Giubileo come evento ecumenico e non solo cattolico-romano, nella consapevolezza che abbiamo tutti bisogno di riconciliarci col Signore e tra noi.

Ecumenismo: via possibile per la costruzione dell’Europa?

Relazione del prof. Giuseppe Lorizio Domenica 25 Febbraio ore 10.45, Streaming Webex, al link https://pul.webex.com/meet/lorizio70,
all’interno del Convegno Regionale Meic Triveneto, “EUROPA E DEMOCRAZIA UNA STRADA COMUNE? Il percorso del lavoro, il percorso dell’ecumenismo”.

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I GESTI E LA FILIGRANA. La trama del pensiero teologico e sociale di papa Francesco

La trama del pensiero teologico e sociale di papa Francesco. Relazione del prof. Lorizio dall’incontro I GESTI E LA FILIGRANA. moderato da Monica Simeoni 21 Febbraio 2024, presso Istituto Don Luigi Sturzo – Roma.

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